Crisi climatica: il fresco costerà più del caldo

Lo studio di Nature Communications con ricercatori e scienziati da tutto il mondo. Le stagioni calde diventano più lunghe: +58% sui consumi energetici

Di Leonardo Vacca

Lo stiamo vedendo questi giorni. Continue ondate di caldo attraversano il Paese, oltreché l’Europa, e sempre più italiani ricorrono all’acquisto di climatizzatori per abbattere la sensazione di calore soffocante (qui il decalogo ENEA). In questi giorni le previsioni non sembrano dare tregua. Già toccati i 40 gradi in varie città del centro e del centro nord, e si teme un’estate bollente soprattutto ad agosto, con punte di caldo ben oltre quelle attuali.

La rivista Nature Communications ha pubblicato uno studio, in collaborazione con scienziati e ricercatori provenienti da Stati Uniti, Italia, Austria e del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC), che mette in relazione il global warming con l’aumento della domanda di energia. Nel caso di riscaldamento importante del clima nei prossimi trent’anni la richiesta di energia elettrica aumenterà del 25-58%, a seconda dalle diverse zone del Pianeta. Se si verificasse un riscaldamento moderato, in linea con gli accordi di Parigi del 2015, l’aumento di energia sarà più contenuto, tra l’11 e il 27%.

Dove aumenterà il fabbisogno energetico

Si tratta di dati che vanno a sommarsi con la crescita già prevista della popolazione e dell’economia. Il fabbisogno energetico, infatti, aumenterà principalmente nelle regioni tropicali e in quelle meridionali di Stati Uniti, Europa e Cina. L’energia servirà soprattutto per il condizionamento dell’aria, a maggior ragione nell’industria e nei servizi pubblici.

Secondo la stima dello studio entro il 2050 ci saranno in media 75 giorni in più di caldo rispetto ad oggi. Il problema, in particolare, è che alcune economie non potranno permettersi un aumento della spesa in bolletta, soprattutto pensando ad aree del mondo povere, come in Africa e una parte dell’Asia.

Un problema anche umanitario

La crisi climatica, sottolinea lo studio, è un problema di sostenibilità e anche umanitario. E non serve aspettare il 2050 per capirlo, basti pensare al mercato stesso del condizionamento privato. Negli anni ’90 gli europei possedevano circa 44 milioni di condizionatori, diventati 80 milioni nel 2010. La stima al 2050 è che ben 275 milioni di europei non potranno più fare a meno di impianti di condizionamento dell’aria.

Lo stesso vale per il nostro Paese, che pure ha scoperto l’aria condizionata molto tardi. Nel 2001 una famiglia italiana su dieci possedeva un condizionatore, oggi il è circa una su due. La Cina, che tra gli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio aveva una quasi totale assenza di aria condizionata, potrà arrivare al miliardo e 400 mila unità nel 2050.

Il gran caldo rischia di compromettere la salute dell’uomo e di indebolire la disponibilità economica delle famiglie, dati i costi in energia elettrica.

Lo studio tiene conto di ventuno modelli climatici, e gli stessi autori sottolineano che l’entità della domanda energetica dipenderà molto dalle future emissioni globali di gas serra, dai cambiamenti economici, dalla crescita della popolazione. Quel che è certo è che la crisi climatica è attuale, è grave e nel 2050 porterà a consumi energetici molto consistenti. Ogni singolo grado, o frazione di grado, può fare la differenza.