Nel 2020 rappresentano il 70% dell’energia disponibile nell’Ue. In compenso le energie rinnovabili contribuiscono con il 23% all’energia per riscaldamento e raffrescamento
L’Ue dipende ancora largamente dai combustibili fossili per la fornitura energetica complessiva. Nel 2020 i combustibili fossili rappresentavano il 70% dell’energia lorda disponibile nell’Ue, rispetto al 71% del 2019. Questa percentuale, rende noto Eurostat, l’ufficio statistico Ue, è diminuita significativamente negli ultimi decenni; meno 13 punti percentuali dal 1990, il primo anno per il quale sono disponibili dati. Ciò è dovuto principalmente all’aumento del contributo delle energie rinnovabili.
Nel 2020, Malta era il paese Ue con la quota più alta di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile (97%), seguita da Paesi Bassi (90%) e Cipro (89%), Irlanda (87%) e Polonia (86%). L’Italia insieme alla Germania dipende per il 78%. La maggior parte degli altri Stati aveva quote comprese tra il 60% e l’85%. Solo Svezia (31%), Finlandia (41%), Francia (48%), Lettonia (57%) e Danimarca (59%) avevano quote inferiori al 60%.
Nell’ultimo decennio tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno registrato una diminuzione della loro quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile. Il calo maggiore è stato misurato in Estonia (dal 91% nel 2010 al 66% nel 2020; -25%), seguita da Danimarca (dall’81% al 59%; -22%) e Finlandia (dal 57% al 41%; – 16%). Il calo più contenuto si registra invece in Belgio (dal 78% al 76%; -2%), seguito da Germania (dall’81% al 78%; -3%) e Malta.
Confrontando il 2020 con il 2019, solo due Paesi hanno aumentato la loro quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile: Lituania (+1%) e, solo marginalmente, Malta (+0,1%). Le cifre del Belgio sono rimaste le stesse. Tra gli altri Paesi, le maggiori diminuzioni sono state in Estonia (-7%), Danimarca (-5%), seguite da Portogallo, Lettonia, Spagna, Bulgaria e Lussemburgo (tutti -4%).
In compenso nel 2020 le energie rinnovabili rappresentavano il 23% dell’energia totale utilizzata per il riscaldamento e il raffrescamento nell’Ue, in costante aumento: dal 12% nel 2004 al 22% nel 2019. Questo livello e la crescita sono simili a quelli osservati per la quota complessiva di rinnovabili, che sono aumentate dal 10% nel 2004 al 22% nel 2020. Gli sviluppi nel settore industriale, nei servizi e nelle famiglie (compresa l’elettrificazione del riscaldamento mediante pompe di calore) hanno contribuito alla crescita delle energie rinnovabili nel riscaldamento e nel raffrescamento. L’Italia è sotto la media europea con il 19,9% di Fer per il riscaldamento e il raffrescamento.
In testa ai Paesi che riscaldano e raffrescano gli ambienti grazie all’energia proveniente da fonti rinnovabili si colloca la Svezia (66,4%), principalmente grazie a biomasse e pompe di calore, seguita da Estonia (58,8%), Finlandia (57,6%), Lettonia (57%) e Danimarca (51%). I Paesi in cui le rinnovabili hanno contribuito in misura inferiore al 10% sono Belgio (8,4), Paesi Bassi (8%) e Irlanda (6,3%). L’Islanda (paese Efta) si distingue con l’80% delle energie rinnovabili utilizzate (dovute principalmente all’energia geotermica).
Le fonti di energia rinnovabile utilizzate per il riscaldamento e il raffrescamento includono il solare termico, l’energia geotermica, il calore ambientale catturato dalle pompe di calore, i biocombustibili solidi, liquidi e gassosi e la parte rinnovabile dei rifiuti.